lunedì 20 febbraio 2017

Ristorante La Cascina di Arona: La Sciabola

Nuova disciplina: chiedere informazioni a casaccio
Caterina: La Sciabola

Solita stazione. Centrale F.S. Ore 7:53. Gente che va, gente che viene. Trolley grandi, trolley piccoli, borse, borsette, schiscette. Facce chiare, facce scure, occhi assonnati, sorrisi smorzati. Tutti corrono. Io no. Son sempre in anticipo. Sto passando davanti ad uno sportello ATM solitario preposto a vendere solo biglietti urbani. Grande quanto il bagno di una roulotte, un bel neon piantato li in alto a cuocere la testa di una luce bianca triste, le pareti di calce viva che manco il Manzoni e la peste del 1600. L'addetto somiglia a Walter Matthau. Stessa faccia lunga e occhi inespressivi che però la dicevan lunga. Sta lì immobile col blocchetto di biglietti in mano e sembra solo un quadro brutto. Arriva una sciura col trolley metallizzato e senza manco un buongiorno né un vadaviaiciapp, domanda "per prendere il pullman vado di sopra?" Le domande si devono essere ammassate e spiaccicate nella testa dell'addetto. Come quando il primo là in alto sulla scala mobile inciampa e tutti gli altri cominciano a schiacciarsi uno contro l'altro rischiando di creare bollini rossi al pronto soccorso senza precedenti. Allora, nonna, chiariamo: 1. Ti trovi alla stazione centrale di Milano, Italia 2. Pullman urbani, extraurbani a iosa che ti potrebbero lasciare presso un cimitero di Settimo Milanese o Gorgonzola a scelta 3. Probabilità che tu riesca a prendere quello giusto, rasenti lo zero Walter, pieno di brio, la sta ancora fissando. Credo che un'espressione così non sia mai ancora stata documentata. Provateci voi. E poi, e poi, smettetela di far andare in giro da sole le nonne del sud, che si, son piene di iniziativa, ma che no, non si possono perdere nella città tentacolare né, tanto meno, nell'hinterland nebbioso. Nel che?! Nella periferia. Quella brutta e tutta uguale. Almeno un biglietto appuntato con lo spillo sul paltò con scritta, precisa, la destinazione finale. Come Paddington. Perché di Walter in giro ce ne son tanti e, quasi mai, son collaborativi.


foto di Caterina

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